Sul sito di Eco-mondo Doula, ci sono tanti articoli che orbitano attorno al mondo della nascita attraversando vari punti punti vista, di partenza e di arrivo. Mi è piaciuto molto questo articolo di Emanuela Geraci che porta attenzione alla fertilità in modo originale e trasversale.
Lo riporto qua sotto per chi desidera regalarsi una lettura scorrevole e di ampio respiro.
La scelta di essere fertili
Il titolo che ho scelto rimanda nel mio immaginario ai significati drammatici della scelta: la scelta di Sophie, il dilemma di Salomone, rimanda ad un inedecidibile che pure coartato dalla sovrana necessità, si fa scelta, atto visibile che può diventare materia, carne, vita o morte, storia.
Una donna che non può scegliere, il destino che si impone, l´esito racconta la storia.
Così si sono trovate le donne per migliaia di anni di fronte alla maternità.
Senza possibilità di scegliere il proprio desiderio. Scegliere implicava la fuga dalla femminilità socialmente approvata, socialmente condivisa: l´infanticidio, l´aborto quasi sempre illegale e moralmente ostracizzato, oppure l´ascesi, la vita monacale.
In termini di storia della mentalità, la donna può scegliere, ha il diritto di scegliere, legalmente riconosciuto, da poche decine di anni, niente se pensiamo agli psichismi profondi che ci attraversano, le grandi correnti archetipiche che influenzano i nostri pensieri, appena sotto la nostra pelle.
Solo da poche decine di anni una donna può scegliere di essere madre, o di non esserlo, ed è dunque, solo da poche decine di anni che la maternità è diventata un “affare di coscienza”, qualcosa che richiede oggi un pensiero e una consapevolezza, prima inimmaginabili.
Il mare della maternità è vasto e di difficile navigazione, l´idealizzazione della maternità è ancora forte nelle rappresentazioni sociali e provoca gorghi pericolosi per tutte le donne, per le madri e per quelle che non lo sono. Il bambino immaginario troneggia nel nostro inconscio, saremo risanate e guarite dalla sua nascita, curerà tutte le nostre perdite e le nostre mancanze, ci ridarà una nuova opportunità, con lui potremo ritrovare la bambina perduta, non ascoltata, non vista, maltrattata, non amata. Con lui e per lui ci sentiamo forti, invincibili, abbiamo voglia di cambiare il mondo, abbiamo l´entusiasmo di credere che la primavera del mondo aspetti solo noi.
Le donne che non hanno figli sono spesso divorate da questo bambino immaginario che avanza pretese ogni giorno più grandi.
Ma quand´è che davvero una donna “ha” un figlio ? Quando un figlio diventa di sua “proprietà” ?
Il bambino nasce, con la sua realtà fatta di pianti, malattie, stanchezza, mancanza di tempo per sé, conflitti di coppia…Le donne più creative riescono con più facilità ad adattarsi al bambino reale, a stupirsi ogni giorno della venuta al mondo di quell´essere nuovo, che vive con noi e che un giorno ci lascerà…
L´amore materno è, dal suo inizio, un amore infelice, destinato a sopportare perdite e frustrazioni, fin dal suo primo esordio, il parto, la prima separazione, a cui seguiranno tante altre…piccole e grandi.
La gravidanza e la maternità sono una delle molte trappole narcisiste disseminate sul cammino della femminilità. Un narcisismo destinato ad essere frustrato amaramente, si vuole vedere nel figlio l´immagine di se stesse, e si finisce per vedere solo un altro, sconosciuto, misterioso, estraneo, che cresce ogni giorno sotto il tuo stesso tetto.
Ma c´è anche la possibilità di rivivere i momenti felici che abbiamo vissuti da bambina, c´è la possibilità di imaparare ad amare e conoscere nostro figlio, come diverso da noi, per quello che è.
Ci sono donne che scelgono di non avere figli perchè sono felici della loro vita e gli va bene così com´è. Ci sono donne che scelgono di non avere figli perchè è successo qualcosa nella loro infanzia, che non possono rischiare di ripetere. Ci sono donne che costantemente si definiscono e sono definite come “childless”, per queste donne la “mancanza” è ciò che definisce la loro vita, che la riempie e la colora. Altre invece si definiscono “childfree”: “libere da”, una definizione in positivo che a volte nasconde drammi mai affrontati, a volte rivela invece una gioia autentica di vivere, di scegliere un modo di vivere libero dai condizionamenti, dai mille limiti e patemi dell´essere madre.
E poi c´è la fertilità e la sterilità, ci sono donne che non hanno potuto avere figli ma ne hanno adottati, e hanno potuto esprimere così quel senso materno, quella capacità di empatia, di ascolto e rispetto dell´altro, che sono indipendenti dall´avere o meno partorito.
Ci sono donne che vivono in modo creativo la loro vita, comunicando un senso di appagamento e di pienezza qualunque sia il cammino intrapreso, che riescono ad essere “psichicamente feconde” anche se non hanno figli.
Ci sono donne che hanno figli per le quali la maternità è una notte buia, un calvario fatto di paura e sofferenza, che hanno molto bisogno di sostegno, di un´esperienza riparativa che dia un´altra possibilità accogliente e fiduciosa al loro essere madri.
Mille sfumature, mille storie, mille “splendidi soli” che ambiscono a ricavare un senso alle loro esistenze, sfuggire alla cementificazione dei luoghi comuni.
Quello che mi interessa qui è il difficile percorso dell´amibavalenza, a cui nessuna donna oggi può essere immune.
Il perchè, l´interrogativo che segue il desiderio di essere madre o la sua assenza, ci porta in territori in cui l´ombra si mescola alla figura, in cui sembra a volte impossibile distinguere chiaramente la strada, e si può solo aspettare l´intervento dell´angelo, di una grazia, o dello scorrere ineluttabile del tempo che livella tutte le scelte.
Il cammino del diventare madre, cui deve essere possibile restituire la possibilità di dirsi nelle sue contraddizioni, nella disperazione e nella lotta, nella frustrazione e nella gioia.
La sofferenza della mancanza dei figli che aspetta incredula una trasformazione, un´accettazione che porti ad aprire spazi fecondi a nuovi nati, progetti, viaggi, passioni.
Come dice Isabelle Tillmant: Le donne che si sentono ambivalenti riguardo al desiderio di un figlio creano un legame tra tutte le altre, madri oppure no, e invitano alla creatività come arte di vivere…Al termine di questa ricerca, direi che la questione fondamentale non sia avere o non avere figli, ma cercare di coltivare in sé la gioia della generosità. Ogni donna potrà allora realizzarsi negli incontri che farà, dando un senso costruttivo e autentico alla propria vita”.
In una parola ogni donna può scegliere di essere fertile…
di Emanuela Geraci