vampiri energeticiSe credi di essere vittima dei vampiri energetici o se pensi di essere tu stesso un vampiro energetico e stai cercando un modo per metterti al riparo da questa predisposizione, questo articolo potrebbe interessarti.

Sarà capitato a qualcuno di noi di entrare in relazione con persone che, (spesso)non intenzionalmente, tendono a risucchiare le nostre risorse energetiche, il nostro entusiasmo, la nostra gioia di vivere, la voglia di fare e di creare lasciandoci un senso di fatica, vuoto, avvilimento di cui ci rendiamo conto solo successivamente.

Allo stesso tempo, credo sia capitato alle stesse persone di essere attratti da persone particolarmente carismatiche, piene di energia, ricche di iniziative e idee rivoluzionarie e desiderare di stare in contatto con loro il più possibile e lasciarci contagiare e nutrire della loro carica vitale.

Se abbiamo fatto entrambe le esperienze possiamo dire di essere stati alternativamente sia vampirizzati che vampiri energetici.

Prima di entrare nell’argomento desidero fare una premessa: invito il lettore a non schierarsi unicamente nel ruolo della vittima dei vampiri energetici”. Credo profondamente nella reciprocità della relazione e nella collaborazione a creare lo stile relazionale che si sta vivendo, nella propria parte di responsabilità ad alimentarla consapevolmente o meno. Inoltre credo che alcune esperienze della vita ci vedano in tempi diversi sia parte che agisce che parte che subisce, finchè non si risolve il tema in questione . Es. tradito-traditore, abbandonato-abbandonante, vittima-carnefice.

Quindi non mettevi comodi.

Difficile dare una definizione al vampiro energetico (anche detto vampiro emotivo), per quanto se ne parli molto ultimamente si rischia di cadere in teorie esoteriche, non sempre ben possedute da chi le descrive, o nella psicologia spicciola.

Quando mi trovo in difficoltà a comprendere o descrivere gli stili relazionali che vengono portati nella stanza di terapia o che si presentano nella mia vita, penso alla natura e a quali esempi mi offre per comprenderli meglio.

Ognuno di noi percepisce maggiore o minore energia vitale in base alla stagione, in base al proprio stato di salute, in base all’alimentazione assunta e anche dalle emozioni, relazioni e vita affettiva che sta vivendo.

Ogni essere vivente si garantisce la sopravvivenza non solo con il cibo, l’acqua, la luce del sole e l’ossigeno ma anche attraverso le relazioni; può procurarsi l’energia vitale, e quindi la sopravvivenza in modo mutualistico con un altro essere vivente (vedi i pesci pagliaccio con gli anemoni di mare) oppure attraverso una relazione di tipo parassita.

Il parassitismo è una forma di simbiosi, il parassita trae un vantaggio (nutrimento, protezione) a spese dell’ospite, creandogli un danno biologico. 

Il termine vampiro, suscita immediatamente un brivido lungo la schiena ( pelo dritto sulla schiena, ci dice nulla della nostra vita passata?) e ci richiama alla leggenda, al folklore, alla finzione fiabesca che è stata creata per superare le paure più profonde dell’essere umano: il passaggio tra la vita e la morte e la possibilità di sopravvivere in una terra di mezzo, da “non vivo“, nutrendosi di altre forme di vita pur lasciandole vive.

Per ciò di cui vorrei parlare, in effetti, il termine vampiro calza, calza eccome.

Lo psicologo clinico Albert J. Bernstein, ha scritto diversi best seller (per ora solo in lingua inglese) sulla “vampirizzazione” nei luoghi di lavoro. Nei suoi libri descrive situazioni in cui ci si trova, proprio malgrado, ad essere prosciugati “drain you dray ” da capi e collaboratori che con diverse strategie ci portano a fare cose che ci fanno esaurire le energie e consegnare loro gli obiettivi “goals” tanto desiderati.

A seguito di questi libri ha ricevuto numerose richieste di approfondire l’argomento in ambito non lavorativo. Ovvero, se il “vampiro” è un famigliare, un amico o il proprio partner? Come difendersi in questi casi?

Bernstein sceglie di classificare i vampiri energetici e di crearne anche delle sottocategorie.  Per ciò che riguarda questo articolo invece, credo sia più interessante andare ad individuare come si instaura questo tipo di relazione e i motivi per cui è così difficile sottrarsi.

La metafora del vampiro è particolarmente azzeccata: complice la notte (al di là della Luce e della chiarezza) il vampiro avvicina la sua preda, che è stata precedentemente individuata e sedotta. E’ grazie agli effetti della seduzione che il vampiro è in grado di avvicinarsi alle zone private e vitali della vittima e senza difficoltà affondare i denti e nutrirsi del sangue, linfa vitale, della vittima.

Come facciamo a riconoscere di essere entrati in contatto con una persona che ci “risucchia” energia vitale?
Gli indicatori sono più o meno sempre gli stessi: percepiamo spossatezza fisica e mentale dopo essere stati con loro . Ci sentiamo, almeno inizialmente, molto utili, quasi indispensabili per l’altro, rinunciamo al nostro tempo per prodigarci nell’aiuto, nell’ascolto, nel trovare le soluzioni che gli potrebbero essere indispensabili. Arriviamo poi ad un punto in cui l’impegno resta invariato ma lo si fa controvoglia, ci costa molta fatica ma non riusciamo a sottrarci.

Come facciamo a distinguere tra questo tipo di relazione e altri tipi di relazioni importanti ed effettivamente mutualistiche (vedi pesce pagliaccio e anemone di mare)? Quando diventa “patologica” la faccenda?
Il primo parametro è la non reciprocità della relazione, è sempre uno solo dei due che ha bisogno, è triste, non sa come fare, gli serve un consiglio, ha bisogno di sfogare la rabbia per l’ultima ingiustizia subita, ha bisogno di raccontare tutta la sua vita più e più volte.
L’altro invece è fintamente in una situazione di aiuto, crede che rispondendo ai bisogni dell’altro (si sente in una posizione attiva) la soluzione si troverà e insieme avranno affrontato qualcosa di grande.
Invece non si arriva mai alla risoluzione, tanto meno alla reciprocità ed equità del rapporto; si continuerà negli stessi ruoli: uno che chiede e uno che da. Il vampirizzato arriverà ad un punto in cui percepisce tutta la fatica, la stanchezza, la frustrazione della non risolvibiltà di questa costante richiesta di attenzione (energia) e si sentirà completamente assorbito e immobilizzato.
Altro indicatore importante, per riconoscersi nel vampirizzato, è il senso di colpa che insorge al solo pensiero di sottrarsi alla “donazione” periodica, proprio perchè si sente di essere molto molto importanti per l’altro, quasi indispensabili.
Se non lo faccio io non lo ascolto io se non lo consiglio, io non lo farà nessuno.
Il problema è che spesso non si ha una visione lucida di questa dinamica, si continua a stare senza rendersi conto di essere scippati di qualcosa per noi vitale: l’energia.

Possiamo quindi dire con sicurezza che la relazione è apparentemente improntata sul: “aiutami e insieme arriveremo ad un dunque” invece è semplicemente: “stai qui che mi alimento della tua attenzione (energia) all’infinito”. 

Come uscire da questo incantesimo? Come risvegliarci da tanto torpore e perdita di lucidità?
Punto uno: come sempre conoscere se stessi, le proprie dinamiche e predisposizioni.
Se siamo persone vitali, positive, creative, tendenzialmente leader, con una predisposizione all’aiuto nei confronti di chi chiede ascolto e supporto rischiamo di caderci in pieno.
Se apparteniamo a questo tipo di persone drizziamo le antenne e portiamo attenzione alle nostre sensazioni quando siamo in rapporto con gli altri. Relazioni nuove o vecchie che non ci danno il senso dell’equità, di mutuo aiuto, di libertà nella dedizione all’altro ovvero non riusciamo a dire di no, che ci fanno sentire ingiustificatamente affaticati, possono essere messe in esame.
Se siamo questo tipo di persone sappiamo anche che a parità di azione alcune persone ci lasciano un senso di pieno e altre di vuoto.

Se il rapporto con l’altro non ci fa sentire liberi di dire di no c’è qualcosa che non va.
Se non è mai il nostro turno perchè i fatti della vita dell’altro sono più importanti dei nostri, c’è qualcosa che non va.
Se offriamo ripetutamente aiutoascoltopazienza alla stessa persona da lungo tempo, senza volerlo veramente, c’è qualcosa che non va.

In che modo il vampirizzato collabora (eh sì…collabora)  nel favorire questo tipo di relazione?
Sempre nell’ottica di riconoscere le proprie dinamiche potremmo scoprire di essere bisognosi di approvazione e riconosciuti come generosi, utili, importanti, disponibili e affidabili; questo è il gancio che permette al vampiro di attaccarsi. E’ attraverso la lusinga, l’ammirazione, o anche solo il continuo fare riferimento a noi che il vampiro si approccia, manipola  e trova l’accesso al nostro rubinetto energetico.

Concludendo, vorrei segnalare a coloro che si sentono vampirizzati ad attivare le prime mosse per togliersi da tanta fatica:

1- riconoscere che si è effettivamente in questo tipo di relazione
2- indagare in quale modo collaborano nel mantenersi in questa scomoda posizione
3a- scegliere se portare il vampiro alla luce, ovvero se la persona che lo fa è una persona che stimiamo, in totale buona fede e abbastanza intelligente per comprendervi (fra un po’ di tempo), manifestate il disagio sfondando il senso di colpa che vi inchioda. Non aspettatevi grandi feste, anzi, corazzatevi fiduciosi di un rapporto più autentico.
3b- evitate il vampiro che non avrà problemi in breve tempo ad attaccarsi a nuove fonti, garantito! Garantito anche lo sbigottimento che segue…
3c- solo ed esclusivamente nei casi in cui non siano possibili il 3a e il 3b diventate coscienti di questo scippo di energia, cercate di circoscrivere i momenti di vicinanza e soprattutto trovate occasioni di “ricarica” per evitare di rifarsi su altri poveri malcapitati.

Il vampirismo energetico agisce a catena, spezzarla è faticoso ma qualcuno lo dovrà pur fare, no?