Alcuni membri di questo nuovo gruppo di Training Autogeno soffrono di attacchi di ansia, panico e di rabbia, la maggior parte di questi ha già svolto un percorso terapeutico personale, a qualcuno sono stati dati dei farmaci, altri hanno fatto una psicoterapia, sono quindi esperti sia di reazioni emotive improvvise e invalidanti sia di metodi chimici o verbali per superarli al meglio.
Insieme abbiamo ragionato sulla differenza che sta dietro al “perché ho gli attacchi d’ansia” e al “come arrivano gli attacchi d’ansia”. In entrambi i casi ogni persona può dare la propria personalissima risposta ma ciò che c’è di comune è che al perché segue una causa: si da la colpa a un evento, una situazione o una persona il che può portare a vivere maggiore rabbia, sentirsi senza via d’uscita oppure adottare comportamenti che evitano di esporsi a ciò che procura l’attacco d’ansia. Sembra non esistano vie di uscita.
Altro è invece il come, anche in questo caso ognuno ha una personalissima risposta ma il processo comune che si attiva è portare l’attenzione verso ciò che sta avvenendo dentro di sé, la ricerca dei campanelli d’allarme prima che l’attacco d’ansia abbia preso il sopravvento e soprattutto la preziosa possibilità di proporre l’alternativa fisiologica che stanno apprendendo.
Per chi non conosce il metodo del Training Autogeno classico è importante sapere che consiste in un metodo di auto rilassamento: ci si allena per diventare pratici ad attivare un processo fisiologico a livello muscolare-ormonale-emotivo tipico della calma. Una volta che si ha imparato a chiamare a comando questa risposta fisiologica è possibile utilizzarla al momento del bisogno in qualsiasi luogo e momento. In questo modo è possibile sostituire il processo fisiologico spontaneo muscolare-ormonale-emotivo che si attiva quando ci si trova in una situazione ansiogena (in genere rigidità muscolare, tachicardia e respiro corto, iper produzione di adrenalina) con la risposta fisiologica muscolare-ormonale-emotiva della calma (distensione muscolare, rallentamento del respiro e del battito cardiaco, produzione di endorfine).
Tornando al quesito di ieri sera credo che lavorare sul perché sia la cosa più spontanea da fare. Chiedersi il perché delle cose ci accompagna da sempre, talvolta però si rischia di cadere nella colpevolizzazione di qualcosa esterno a noi, qualcosa che spesso e volentieri ci deresponsabilizza rendendoci impotenti. Ho anche constatato che sapere dettagliatamente il perché del sintomo non ne causa direttamente la remissione.
Lavorare sul processo delle cose, ovvero sul come, permette di aprire porte a più livelli. A livello intellettivo attraverso dialogo e a livello mentale “superiore” dove per superiore intendo ciò che non può essere gestito, come un processo fisiologico. Avere sperimentato che esiste un’alternativa all’inizio del processo dell’attacco d’ansia potrebbe anche permettere di perdere l’interesse sul perché arriva.