legnoSi sente sempre di più parlare di rilassamento, meditazione, yoga come metodi e tecniche per trovare salute, centralità e concentrazione.

Sempre di più questi termini diventano parole consuete ed iniziano ad entrare nell’ immaginario collettivo.

Proposte di seminari e corsi di Yoga e di meditazioni statiche e in movimento spuntano in ogni dove con evidente successo.

Ma perché questo richiamo?

E’ davvero qualcosa di esotico che stiamo prendendo in prestito da paesi lontani, oppure è un apprendimento che sentiamo di dover recuperare, come se ci fosse già appartenuto in passato,  ma uscito in qualche modo dal nostro quotidiano?

Io credo siano reali entrambe le risposte: da un lato abbiamo bisogno di trovare una disciplina per fermarci, come se fermaci in modo non organizzato ci portasse ad un senso di “perdita di tempo”.
Dall’altro sono sicura che i nostri antenati fossero più sincronizzati al ritmo naturale, delle stagioni, della luna, della notte e del giorno e avessero modo di avere intensi momenti di lavoro e altrettanti momenti di calma da dedicare ai lavori statici e minuziosi in cui ritrovare concentrazione, presenza e riposo del corpo fisico.

Provo ad immaginare la realtà contadina di metà secolo scorso, quando con il calare del sole si rientrava in casa e si stava davanti al fuoco prima di dormire e alle prime luci dell’alba il lavoro iniziava in base alle stagioni.

Gli animali il cui allevamento rispettava i ritmi del giorno e della notte e l’alimentazione derivava dagli scarti della casa o dal raccolto. I loro cuccioli potevano nutrirsi del latte della madre per poi unirsi al branco per lavorare o diventare fonte di reddito del fattore.

Le donne che si univano e lavoravano nel rispetto dei loro cicli naturali, i cui figli crescevano insieme.

Una volta era chiaro ad ogni uomo che con la luna piena, che nel ciclo lunare rappresenta la primavera, anche le donne fossero maggiormente disponibili e fertili, e con la luna nuova, che nel ciclo lunare rappresenta l’inverno, la chiusura femminile rappresentasse il bisogno di ritiro per lasciare che il corpo procedesse nella sua naturale purificazione.

I ritmi naturali di chiusura e di apertura, di condivisione e di solitudine, di fatica e di riposo, di vita e di morte, di gioventù e vecchiaia sono quelli che da lontano ci chiamano e chiedono di essere re-introdotti a beneficio della nostra integrità e quindi salute.

Ma come possiamo oggi ritrovare questi ritmi? Quali spazi ci lascia la società in cui siamo immersi e identificati?

Il lavoro non ha stagionalità, la produzione deve sempre essere al massimo, e se ci troviamo in assenza di lavoro la viviamo come una disgrazia.

Il cibo non ha più stagionalità, se non si fa una ricerca attenta nel momento in cui al supermercato facciamo la spesa.

Le bestie di cui ci nutriamo non hanno più stagionalità ma sono prodotti che devono rientrare in parametri ben definiti per essere idonei al mercato.

Le gravidanze, i parti e i puerperi non hanno più stagionalità, la medicalizzazione li ha resi protocolli in cui rientrare ed i neonati, soggetti di mercato estremamente redditizi.

In questi ultimi tempi, osservando le persone e le cose attorno a me, intuisco che l’animo umano sente un richiamo e tende ad inserire in modo organizzato la stagione del riposo. E’ come se dovesse nuovamente apprendere come riposare.

Noto che c’è una tensione a convertire il ritmo frenetico verso il suo opposto, a modificare le proprie abitudini imparando e praticando tecniche e metodi che riportino attenzione al tempo biologico piuttosto che al tempo cronologico. A cercare luoghi nuovi in cui la mente possa adagiarsi su forme, immagini, canti e movimenti che permettono di riposare per poi trovare nuova energia creativa.

L’uomo di  oggi sente nuovamente il bisogno di fermarsi, di creare il silenzio e di imparare ad ascoltarsi in modo nuovo ed è così che sta iniziando il suo risveglio alla stagionalità dei cicli della vita.

Questo bisogno ritrovato, se ascoltato, non può che portare ad un miglioramento di se stessi e della propria salute in senso generale.

Riuscirà l’essere umano a tornare ad essere umano?

Riuscirà a salvare i reali miglioramenti che è riuscito ad apportare all’esistenza e moderare gli eccessi generati dalla bramosia e dal potere?

Ai posteri l’ardua sentenza.