Il Training Autogeno, al tempo della Mindfulness, è più attuale che mai, nonostante i suoi quasi cento anni.
Ma che cos’hanno in comune queste due pratiche che semplicisticamente vengono definite tecniche di rilassamento? Vediamolo assieme in questo articolo.
Diffusione del Training Autogeno in Italia
In Italia il Training Autogeno si diffuse intorno agli anni ’70.
La prima traduzione italiana del manuale di Schultz (lo psichiatra tedesco ideatore del metodo) risale al 1968, data probabilmente non casuale per inserirsi in un contesto culturale in fermento, desideroso di novità e di contaminazione. Anche la definizione di Yoga occidentale, data dallo stesso autore per le affinità con le pratiche meditative dello Yoga, ben si sposa al nuovo periodo culturale.
Negli anni seguenti il Training Autogeno (da qui in avanti abbreviato in TA) si diffuse ben oltre l’ambito clinico sconfinando negli ambienti lavorativi, scolastici e sportivi.
Mi soffermo su quest’ultimo ambito, del quale ho maggiore conoscenza, per evidenziare come già negli anni ’60 ci furono applicazioni del TA nello sport, in particolare con atleti giapponesi alle olimpiadi di Roma. In Italia nel 1973 gli sciatori della Valanga Azzurra vennero allenati al TA dal prof. Peresson in preparazione dei mondiali, mentre qualche anno dopo fu la volta della pallavolo e poi del calcio.
Furono precursori del mental training,oggi ben più diffuso di allora, nonostante purtroppo non venga sempre operato da professionisti qualificati.
Successo della Mindfulness
Negli anni più recenti, grazie ad un importante filone di ricerca avviato dal medico americano Jon Kabat-Zinn, si diffonde in ambito psicologico,e non solo, la Mindfulness e il suo insegnamento.
Il concetto e la pratica derivano dalle filosofie e dalle meditazioni orientali (in particolare da quella Buddista Theravada), con il pregio di essere stati adattati alla cultura occidentale e di aver creato protocolli con validità scientifica.
Il successo che sta riscontrando la Mindfulness negli ultimi anni è indubbiamente legato anche allo stile di vita e ai ritmi occidentali che tendono sempre più spesso ad allontanarci da noi stessi, dai nostri bisogni autentici, dal nostro presente e dal senso che diamo alla nostra esistenza. La pratica della Mindfulness agisce esattamente nella direzione opposta.
La controparte del successo
Oggi si sente parlare spesso di Mindfulness, di consapevolezza, di accettazione, di qui e ora, ecc. ma la controparte del successo che questa disciplina sta riscontrando, come spesso accade in questi casi, è la progressiva perdita del significato specifico dei concetti e dei termini a vantaggio della loro banalizzazione.
La notevole portata filosofica che la Mindfulness veicola purtroppo si scontra con la semplificazione e la deformazione che la diffusione di massa inevitabilmente porta, amplificate dalla notevole differenza tra la cultura dalla quale attinge e quella di destinazione.
Tornando al TA esso ha il vantaggio in questo discorso di essere meno equivocabile e surrogabile essendo in buona sostanza uno strumento.
Training Autogeno e Mindfulness: cosa hanno in comune?
Il TA, come lo stesso Schultz riconosceva, attinge, come la Mindfulness, dalla meditazione orientale,
Può essere definito una pratica meditativa a tutti gli effetti in quanto, attraverso la focalizzazione della mente su un oggetto, permette di raggiungere maggiore padronanza, chiarezza e quiete mentale.
Come la Mindfuness ha lo scopo di risintonizzare noi stessi partendo dal nostro corpo.
Quali sono le differenze tra Training Autogeno e Mindfulness?
Il TA ha una prospettiva più circoscritta rispetto alla Mindfulness che invece è impregnata di un respiro filosofico più ampio che, se la rende più affascinante e potente da un lato, dall’altro la rende più vasta ed impegnativa.
Il Training Autogeno ha una struttura semplice da seguire e, una volta appreso, può essere adattato e gestito in autonomia.
La Mindfulness, che ha una portata maggiore, richiede tempi più lunghi per essere fatta propria.
Personalmente ritengo che il primo possa essere propedeutico alla seconda, ma non necessariamente.
In sintesi potremmo dire che il Training Autogeno può essere un pratico strumento per supportarci nella vita quotidiana, la Mindfulness può essere una strada da seguire in direzione dei nostri principi.
Viviamo in un mondo ricco di stimoli e di opportunità, allo stesso tempo frenetico e schizzato nel quale spesso ci possiamo trovare fuori equilibrio.
In questo il Training Autogeno e la Mindfulness possono aiutarci, ognuno con le proprie caratteristiche, più attuali che mai.
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Dott. Gionatan Mandice
Psicologo
Esperto in tecniche di rilassamento
Esperto in psicologia dello sport e della prestazione
Grazie Gionatan, spiegazione equilibrata e chiara… Pratico entrambi gli approcci e trovo che il TA sia più pratico e “maneggevole”, mentre la MF è più “ambiziosa” e impegnativa, e spesso viene confusa e ridotta ai momenti di meditazione, mentre è pensata per portare la consapevolezza nella vita “normale”.
Grazie Carlo per il commento. Mi fa piacere riscontrare una visione simile.
Da operatori diamo a volte per scontato che cosa siano i nostri strumenti; scrivere questo articolo mi ha aiutato a tradurre in modo chiaro alcune implicite considerazioni personali.
Buongiorno, volevo chiedere se è corretto dire che nel mentre si fa training autogeno contemporaneamente si fa anche mindfulness , visto che bisogna tenere l’attenzione sulle varie parti del corpo e quando l’attenzione viene meno bisogna riportarla sulla “”retta via””-
Grazie
Buongiorno Fabio,
Sì è corretto, ogni volta che si è presenti mentalmente e in contatto con il corpo con ciò che si sta facendo si è in una condizione mindfull. Anche solo preparando il caffè.
E allora perchè si dice che il TA e la mindfulness sono molto diversi se poi è vero il dire “” quando facciamo ta contemporaneamente facciamo anche mindfulness””
L’unica è fare un corso di entrambe così l’esperienza ti darà la risposta.